martedì 2 ottobre 2018

Una verità mortalmente intollerabile


«Le cose più meravigliose sono sempre le inesprimibili; le memorie profonde non producono epitaffi; questo capitolo di sei pollici è la tomba senza lapide di Bulkington. Lasciami dire soltanto che a lui andò come va alla nave scossa dalla tempesta che penosamente avanza lungo la costa a sottovento. Il porto ben volentieri le darebbe soccorso; il porto è pietoso; nel porto c’è sicurezza, conforto, focolare, cena, coperte calde, amici e tutto ciò che è benigno a noi mortali. Ma in quella burrasca, il porto, la terra, sono l’azzardo più atroce: la nave deve fuggire ogni ospitalità; un contatto appena con la terra, sfiorasse pure soltanto la chiglia, e tremerebbe da cima  a fondo, con tutta la sua potenza essa spiega tutte le vele per scostarsi; e così facendo, lotta contro quegli stessi venti che volentieri la sospingerebbero verso casa; di nuovo cerca per intero il flagello del mare che non dà approdo; per trovare rifugio disperatamente si precipita nel pericolo: suo unico amico il più inesorabile nemico!
Capisci, adesso, Bulkington? Non ti sembra di cogliere dei barlumi di quella verità mortalmente intollerabile: che ogni pensiero serio e profondo non è che l’intrepido sforzo dell’anima per mantenersi nell’aperta indipendenza del proprio mare, mentre i più sfrenati venti del cielo e della terra cospirano per gettarla sull’infida e servile riva?»
H. Melville, Moby Dick

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