mercoledì 15 ottobre 2014

La bianchezza della balena

Che sia per la sua indefinitezza, che adombrando i vuoti e l'immensità spietate dell'universo, ci pugnala alle spalle con il pensiero dell'annichilimento quando contempliamo le bianche profondità della Via Lattea? Oppure è che, essendo la sua bianchezza nella sua essenza non tanto un colore quanto la visibile assenza di colore e, nel contempo, la solidificazione di tutti i colori, è per queste ragioni che in un vasto paessaggio innevato c'è una mutua vacuità, piena di signifficato, un ateismo del colore, per assenza e per somma, dal quale rifuggiamo? E quando consideriamo quell'altra teoria dei filosofi della natura, secondo cui tutte le altre tinte terrene - ogni solenne o leggiadro blasonamento, le dolci sfumature dei cieli e dei boschi al tramonto, sì, e i velluti dorati delle farfalle e le gote di farfalla delle fanciulle - tutte queste non sono che scaltre menzogne, non realmente inerenti alle sostanze, bensì soltanto spalmate dall'esterno; cosicché tutta la deificata Natura si dipinge esattamente come la meretrice, le cui seduzioni coprono null'altro che l'ossario di dentro. E quando procediamo ancor più in là, e consideriamo che l'arcano cosmetico che produce ciascuna di quelle tinte, il gran principio della luce, rimane sempre in sé bianco o incolore, e se operasse sulla materia senza mediazione conferirebbe a ogni oggetto, persino ai tulipani e alle rose, la sua inespressiva tintura...quando meditiamo su tutto questo, l'universo paralizzato ci sta davanti come un lebbroso; e come il caparbio viaggiatore che in Lapponia si rifiuta di metter lenti colorate e coloranti sugli occhi, così il misero miscredente s'acceca fissando il monumentale sudario bianco che avvolge tutta la prospettiva intorno a lui. E di tutte queste cose la balena bianca albina era il simbolo. Ti meravigli dunque dell'ardore della caccia?

H. Melville

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