domenica 17 gennaio 2010

Il vino del Gattopardo

"la ricchezza, nei molti secoli di esistenza si era mutata in ornamento, in lusso, in piaceri; soltanto in questo; l'abolizione dei diritti feudali aveva decapitato gli obblighi insieme ai privilegi, la ricchezza come il vino vecchio aveva lasciato cadere in fondo alla botte le fecce della cupidigia delle cure, anche quelle della prudenza, per conservare soltanto l'ardore ed il colore. Ed a questo modo finiva con l'annullare se stessa; questa ricchezza che aveva realizzato il proprio fine era composta solo di oli essenziali e come gli oli essenziali evaporava in fretta" Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Feltrinelli,1958, 2008, p.51-52

La metafora alcolica spiega bene come l'elitarismo per elezione sia privo di solide fodamenta su cui basare la propria esistenza sociale. Un buon vino non ha corpo se troppo fermentato, se filtrato, se allungato all'eccesso, se maturato troppo o troppo poco. La società perde il proprio equilibrio quando i rapporti tra le sue istanze diventano sproporzionati. Tutti conoscono la metafora della macchina o quella del corpo umano, così di moda quando la scienza nel '700 muoveva i suoi primi passi nella modernità. Eppure questa similitudine con il vino rende il tutto in un codice più vivo, più popolare, più costretto a fare i conti con i sapori della vita piuttosto che con gli "alambicchi della ragione". Ma la strategia narrativa sublime di questo autore raggiunge questa vetta nella consapevolezza di poter affermare che rimarranno soltanto l'odore ed il colore, di questo nettare destinato al gusto. E' come se ci facesse immaginare un liquido di colore rosso acceso e dal profumo acre, arricchito dagli anni in botte, che poi però sapesse di acqua, ciò insapore. Certo il valore sociale di questa affermazione cambia radicalmente da una società stratificata come quella dell'Ottocento del Risorgimento (tempo della storia), o del secondo Novecento post-bellico (tempo della scrittura), ad una come la nostra: impelagata nelle paludi del consumismo e della globalizzazione. Il messaggio però rimane intatto nel suo grande valore letterario, in quella armonia perduta che si rimpiange sin dall'arte Rinascimentale, in quell'equilibrio perduto che si cerca sin dall' Etica Nicomachea.  

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