«Le cose più meravigliose sono sempre le
inesprimibili; le memorie profonde non producono epitaffi; questo capitolo di
sei pollici è la tomba senza lapide di Bulkington. Lasciami dire soltanto che a
lui andò come va alla nave scossa dalla tempesta che penosamente avanza lungo
la costa a sottovento. Il porto ben volentieri le darebbe soccorso; il porto è
pietoso; nel porto c’è sicurezza, conforto, focolare, cena, coperte calde,
amici e tutto ciò che è benigno a noi mortali. Ma in quella burrasca, il porto,
la terra, sono l’azzardo più atroce: la nave deve fuggire ogni ospitalità; un
contatto appena con la terra, sfiorasse pure soltanto la chiglia, e tremerebbe
da cima a fondo, con tutta la sua
potenza essa spiega tutte le vele per scostarsi; e così facendo, lotta contro
quegli stessi venti che volentieri la sospingerebbero verso casa; di nuovo
cerca per intero il flagello del mare che non dà approdo; per trovare rifugio disperatamente
si precipita nel pericolo: suo unico amico il più inesorabile nemico!
Capisci,
adesso, Bulkington? Non ti sembra di cogliere dei barlumi di quella verità
mortalmente intollerabile: che ogni pensiero serio e profondo non è che l’intrepido
sforzo dell’anima per mantenersi nell’aperta indipendenza del proprio mare,
mentre i più sfrenati venti del cielo e della terra cospirano per gettarla
sull’infida e servile riva?»
H. Melville, Moby Dick
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