We are what we pretend to be, so we must be careful what we pretend to be.
K. Vonnegut, Mother Night, p.5
mercoledì 27 novembre 2019
lunedì 18 novembre 2019
Lo stoicismo contemporaneo
You are so brave and quiet I forget you are suffering.
E. Hemingway, Farwell to Arms
E. Hemingway, Farwell to Arms
lunedì 8 luglio 2019
Abilità
Ability: n. The natural equipment to accomplish some small part of the meaner ambitions distinguishing able men from dead ones. In the last analysis ability is commonly found to consist mainly in a high degree of solemnity. Perhaps, however, this impressive quality is rightly appraised; it is no easy task to be solemn.
A. Bierce, the Devil's Dictionary, 1906
A. Bierce, the Devil's Dictionary, 1906
domenica 7 aprile 2019
Eroina
Come potrò dire
a mia madre
che ho paura?
La vita,
il domani,
il dopodomani
e le altre albe
mi troveranno
a tremare
mentre
nel mio cervello
l’ottovolante della critica
ha rotto i freni
e il personale
è ubriaco.
Ho paura,
tanta paura,
e non c’è nascondiglio possibile
o rifugio sicuro.
Ho licenziato
Iddio
Iddio
e buttato via una donna.
La mia patria
è come la mia intelligenza:
esiste, ma non la conosco.
Ho voluto
il vuoto.
il vuoto.
Ho fatto
il vuoto.
il vuoto.
Sono solo
e ho freddo
e gli altri nudi
ridono forte
mentre io striscio
mentre io striscio
verso un fuoco che non mi scalda.
Guardo avvilito
questo deserto
questo deserto
di grattacieli
e attonito
e attonito
vedo sfilare
milioni di esseri di vetro.
milioni di esseri di vetro.
Come potrò
dire a mia madre
dire a mia madre
che ho paura?
La vita,
il suo motivo,
e il cielo
e la terra
io non posso raggiungerli
e toccare…
Sono sospeso a un filo
che non esiste
e vivo la mia morte
come un anticipo terribile.
Mi è stato concesso
di non portare addosso
vermi
o lezzi o rosari.
o lezzi o rosari.
Ho barattato
con una maledizione
vecchia ma in buono stato.
vecchia ma in buono stato.
Fu un errore.
Non desto nemmeno
più la pietà
più la pietà
di una vergine e non posso
godere il dolore
di chi mi amava.
godere il dolore
di chi mi amava.
Se urlo chi sono,
dalla mia gola
escono deformati e trasformati
i suoni che vengono sentiti
come comuni discorsi.
Se scrivo il mio terrore,
chi lo legge teme di rivelarsi e fugge
per ritornare dopo aver comprato
del coraggio.
Solo quando
scadrà l’affitto
scadrà l’affitto
di questo corpo idiota
avrò un premio.
Sarò citato
di monito a coloro
di monito a coloro
che credono sia divertente
giocare a palla
col proprio cervello
col proprio cervello
riuscendo a lanciarlo
oltre la riga
che qualcuno ha tracciato
oltre la riga
che qualcuno ha tracciato
ai bordi dell’infinito.
Come potrò dire a mia madre
che ho paura?
Insegnami,
tu che mi ascolti,
tu che mi ascolti,
un alfabeto diverso
da quello della mia
vigliaccheria.
Riccardo Mannerini
sabato 6 aprile 2019
Accendersi postumi come una parola
«Si oscura la vista.
La mia forza sono due occulti dardi adamantini.
Si confonde l’udito per il tuono lontano della casa paterna che respira.
Dei duri muscoli i gangli si infiacchiscono,
come bovi canuti all’aratura e non più quando è notte.
Alle mie spalle splendono due ali.
Nella festa, candela mi sono consumato.
All’alba raccogliete la mia disciolta cera
e lì leggete chi piangere,
di cosa andar superbi,
come donando l’ultima porzione di letizia.
Morire in levità
e al riparo d’un tetto di fortuna.
Accendersi postumi
come una parola»
(A. Tarkovskij, Morire in levità)
La mia forza sono due occulti dardi adamantini.
Si confonde l’udito per il tuono lontano della casa paterna che respira.
Dei duri muscoli i gangli si infiacchiscono,
come bovi canuti all’aratura e non più quando è notte.
Alle mie spalle splendono due ali.
Nella festa, candela mi sono consumato.
All’alba raccogliete la mia disciolta cera
e lì leggete chi piangere,
di cosa andar superbi,
come donando l’ultima porzione di letizia.
Morire in levità
e al riparo d’un tetto di fortuna.
Accendersi postumi
come una parola»
(A. Tarkovskij, Morire in levità)
domenica 25 novembre 2018
Rien Va!
“…E’ difficile credere seriamente che
un caso (che è sempre e tuttavia un accadimento) sia casuale, o insomma
credere seriamente al caso. Pel semplice fatto che una cosa accade non
può essere casuale… Ma qualcuno ha inventato il caso e tutti i pensanti
lo hanno accettato: anche coloro che mostrano di rifiutarlo quale
ordinatore o disordinatore dell’universo lo ammettono poi implicitamente
in ogni momento della loro giornata. Di vero non v’è se non che lo
spirito giace eternamente in catene, poco importa da chi forgiate”
Tommaso Landolfi
Tommaso Landolfi
domenica 18 novembre 2018
L’Heautontimorumenos
Je te frapperai sans colère
Et sans haine, comme un boucher,
Comme Moïse le rocher
Et je ferai de ta paupière,
Pour abreuver mon Saharah
Jaillir les eaux de la souffrance.
Mon désir gonflé d'espérance
Sur tes pleurs salés nagera
Comme un vaisseau qui prend le large,
Et dans mon coeur qu'ils soûleront
Tes chers sanglots retentiront
Comme un tambour qui bat la charge!
Ne suis-je pas un faux accord
Dans la divine symphonie,
Grâce à la vorace Ironie
Qui me secoue et qui me mord
Elle est dans ma voix, la criarde!
C'est tout mon sang ce poison noir!
Je suis le sinistre miroir
Où la mégère se regarde.
Je suis la plaie et le couteau!
Je suis le soufflet et la joue!
Je suis les membres et la roue,
Et la victime et le bourreau!
Je suis de mon coeur le vampire,
— Un de ces grands abandonnés
Au rire éternel condamnés
Et qui ne peuvent plus sourire!
— Charles Baudelaire
Ti colpirò, senza odio e senza collera,
come un beccaio, come Mosè il sasso;
e perché possa al fine dissetare
il mio Sahara, le acque del dolore
zampillare farò dalla tua palpebra.
Rigonfio di speranza il desiderio
andrà sulle tue lacrime salate
come un vascello che si spinge al largo;
nel cuore inebriato dei tuoi singhiozzi,
che mi son cari, echeggeranno quasi
un tamburo che batte la sua carica.
Non sono forse un falso accordo nella
divina sinfonia, grazie all’edace
Ironia che mi scuote e mi morde?
Tutto il mio sangue, tutto, è questo nero
veleno; ed io non sono che lo specchio
in cui si guarda la strega.
Coltello e piaga, schiaffo e guancia, membra
e ruota sono, vittima e carnefice;
sono il vampiro del mio cuore, un grande
infelice, di quelli a un riso eterno
dannati, e che non possono più sorridere.
Et sans haine, comme un boucher,
Comme Moïse le rocher
Et je ferai de ta paupière,
Pour abreuver mon Saharah
Jaillir les eaux de la souffrance.
Mon désir gonflé d'espérance
Sur tes pleurs salés nagera
Comme un vaisseau qui prend le large,
Et dans mon coeur qu'ils soûleront
Tes chers sanglots retentiront
Comme un tambour qui bat la charge!
Ne suis-je pas un faux accord
Dans la divine symphonie,
Grâce à la vorace Ironie
Qui me secoue et qui me mord
Elle est dans ma voix, la criarde!
C'est tout mon sang ce poison noir!
Je suis le sinistre miroir
Où la mégère se regarde.
Je suis la plaie et le couteau!
Je suis le soufflet et la joue!
Je suis les membres et la roue,
Et la victime et le bourreau!
Je suis de mon coeur le vampire,
— Un de ces grands abandonnés
Au rire éternel condamnés
Et qui ne peuvent plus sourire!
— Charles Baudelaire
Ti colpirò, senza odio e senza collera,
come un beccaio, come Mosè il sasso;
e perché possa al fine dissetare
il mio Sahara, le acque del dolore
zampillare farò dalla tua palpebra.
Rigonfio di speranza il desiderio
andrà sulle tue lacrime salate
come un vascello che si spinge al largo;
nel cuore inebriato dei tuoi singhiozzi,
che mi son cari, echeggeranno quasi
un tamburo che batte la sua carica.
Non sono forse un falso accordo nella
divina sinfonia, grazie all’edace
Ironia che mi scuote e mi morde?
Tutto il mio sangue, tutto, è questo nero
veleno; ed io non sono che lo specchio
in cui si guarda la strega.
Coltello e piaga, schiaffo e guancia, membra
e ruota sono, vittima e carnefice;
sono il vampiro del mio cuore, un grande
infelice, di quelli a un riso eterno
dannati, e che non possono più sorridere.
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